L’Ottocento

Con l’avvento della litografia, l’Italia rientra nel mercato dell’editoria musicale con alcune ditte ottocentesche: quelle, già menzionate, del milanese Giovanni Ricordi e dei romani Ratti e Cencetti, con le loro splendide partiture oblunghe in folio; o del fiorentino Guidi, inventore delle partiture tascabili in ottavo.

Ma con costoro siamo ormai al punto in cui i “rari” — come per antica scelta della Biblioteca vengono definite le edizioni anteriori al 1820 — trapassano nel materiale ordinario.

Che tuttavia può presentare sorprese notevoli, soprattutto nelle 43.340 edizioni italiane che abbiamo detto essere entrate in Biblioteca nel 1880-1925 come “deposito per diritto d’autore”.

Infatti in quel mezzo secolo l’editoria musicale nostrana ha conosciuto un boom senza precedenti, dovuto alla larga diffusione del pianoforte nelle famiglie italiane, e, vincolati com’erano alla conservazione di tutti i materiali depositati, i bibliotecari dell’epoca (dopo Berwin: Attilio Luciani, Michele Carlo Caputo e Francesco Mantica) non hanno potuto, come d’abitudine, scartare la musica di consumo o “popolare” pervenuta in quegli anni, in quanto indegna di occupare dello spazio prezioso negli scaffali.

Così, accanto alla musica seria, questi conservano le collane destinate alle bande o alle orchestrine che allietavano le serate dei caffè, nelle birrerie o negli stabilimenti termali.

E le ammiccanti copertine in stile liberty, raffiguranti eleganti signore dai cappelli all’ultima moda o paffuti bimbetti intenti a “ricrearsi” con i tasti d’un pianoforte, ci ricordano piacevolmente come la musica sia non soltanto arte ma anche costume.