Adolfo Benin fonda la Biblioteca
Si può dire che la nostra Biblioteca sia nata il 27 febbraio 1875, quando la Regia Accademia di Santa Cecilia nominò il primo bibliotecario della nella persona di Adolfo Berwin, che aveva già tenuto un corso di Letteratura e Storia della musica nell’ambito della scuola fondata sei anni prima da Sgambati e Pinelli, e destinata di lì a poco a diventare Liceo musicale. Negli scaffali dell’Accademia Berwin trovò «ottanta volumi all’incirca». Ma fortunatamente un altro insegnante della scuola, il maestro di canto Alessandro Orsini, aveva intenzione di mettere all’asta la sua notevolissima biblioteca. Per mezzo di Berwin, l’Accademia riuscì a convincere il Ministero della Pubblica Istruzione ad acquistare l’intero fondo e, per superare le resistenze di Orsini, a cui l’offerta ministeriale di 10.500 lire era sembrata poco allettante, aggiunse di suo altre 1000 lire da pagarsi in quattro rate entro il 1876.
La Biblioteca Accademica apre al pubblico
Data l’angustia dei locali disponibili nella sede occupata allora dall’Accademia in via di Ripetta 222, il fondo Orsini fu provvisoriamente sistemato in un locale dell’ex Collegio Romano, e ceduto all’Accademia solo dopo che a questa fu concessa una parte dell’ex monastero delle suore Orsoline di via dei Greci. Nel giugno 1877, tre mesi dopo l’apertura del liceo, il presidente Broglio poteva così annunciare all’Assemblea dei soci ceciliani l’imminente apertura al pubblico della Biblioteca accademica, «giusta l’ingiunzione fattane dal Ministero della Pubblica Istruzione col quale dovrà fissarsi l’orario relativo». L’Accademia si accollò la spesa degli scaffali e dei mobili indispensabili e nel 1878 l’apertura al pubblico divenne una realtà.
Cresce il numero delle collezioni
Al nucleo originario rappresentato dal fondo Orsini (il cui ex-proprietario fu nominato vice-bibliotecario) si aggiunsero, oltre a intere collezioni donate dagli editori milanesi Giulio Ricordi e Giovannina Lucca, il fondo di Giovan Battista Cencetti, fondatore insieme a Leopoldo Ratti della casa editrice romana di cui si dirà più appresso. E Berwin spesso donò le storiche edizioni Breitkopf & Härtel delle opere complete di Mozart, Beethoven, Mendelssohn e Schumann. In tal modo, fra il 1 aprile 1875 e il 31 marzo 1878, entrarono in Biblioteca 2027 volumi. Ma era ancora niente in confronto al vertiginoso incremento che si ebbe negli anni successivi, grazie al colpo magistrale messo a segno da Berwin, quando convinse le autorità competenti a rilasciare alla Biblioteca dell’Accademia una copia delle edizioni dovute al deposito per diritto d’autore. Infatti ciò fruttò, nel giro di 45 anni (1880-1925), ben 43.300 volumi a stampa.
L’istituzionalizzazione del Regio Decreto
Una svolta storica per la Biblioteca fu la creazione, al suo interno, della Sezione governativa. Il “regio” decreto che la istituì il 2 marzo 1882 disponeva che in tale sezione fossero «depositati tutti i libri, opuscoli e fogli stampati dal 1501 in poi riguardanti esclusivamente la musica» posseduti dalle biblioteche governative di Roma. Ottemperarono a tale disposizione la Biblioteca Angelica, la Biblioteca Universitaria Alessandrina e la Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II”, con i suoi preziosi fondi appartenuti alle disciolte congregazioni religiose romane. Successivamente il Ministero acquistò per la Sezione governativa parte della Bibliotheca Burghesiana, che il principe Paolo Borghese mise all’asta nel 1892-93, nonché due partiture autografe di Bellini (Norma e Beatrice di Tenda) e diverse opere autografe di Pietro Raimondi. Altri oculati acquisti ministeriali consentirono poi la formazione di un’importantissima collezione di libretti d’opera, formata dai 118 volumi della “raccolta Silvestri” (6000 libretti di opere, feste teatrali, accademie e balli, che documentano tutte le rappresentazioni musicali avvenute nei teatri di Milano e di Monza dal 1670 al 1885), dai 4000 libretti dei secoli XVII-XIX provenienti dalla raccolta Carotti, e soprattutto dai 21.000 libretti dello stesso periodo costituenti la grande raccolta del collezionista portoghese Manoel Peixoto d’Almeida da Carvalhaes. Tuttavia la Sezione governativa crebbe rapidamente anche grazie alla legge sul diritto di stampa, che nel 1883 dispose la trasmissione alla Biblioteca, tramite il Ministero di Grazia e Giustizia, delle edizioni musicali provenienti da tutto il territorio nazionale.
Una complessa situazione giuridica
Si creò così per la nostra Biblioteca una complessa situazione giuridica, che la vedeva divisa in due sezioni con due diversi proprietari: la sezione accademica di proprietà dell’Accademia ceciliana e la sezione governativa di proprietà statale. C’era inoltre il rapporto che, fin dalla sua costituzione, aveva legato la Biblioteca alle scuole di musica patrocinate dall’Accademia: rapporto che nello statuto del Liceo musicale elaborato nel 1886 venne definitivamente sanzionato come segue: «Servono ad uso del Liceo la Biblioteca accademica e le opere di proprietà governativa depositate nella biblioteca medesima». Quando nel 1911 il Liceo musicale fu eretto a ente morale sovvenzionato in parte dallo Stato e in parte dalla Provincia e dal Comune di Roma, la sezione governativa gli fu annessa, mentre la sezione accademica, ospitata negli stessi locali, continuò a «formare una sezione a parte pur essendone affidato il funzionamento agli stessi impiegati». Né la situazione mutò con la regificazione del Liceo avvenuta nel 1919. Infatti, anche quando tutto il patrimonio mobiliare dell’istituto passò allo Stato, la Sezione Accademica continuò a restare a disposizione del liceo musicale ma di proprietà dell’Accademia ceciliana.
Quando nel 1923 il Liceo si trasformò in Conservatorio, il nuovo istituto si trovò cosí ad ereditare, fra le altre cose, anche l’onere e l’onore di gestire una biblioteca pubblica. L’Accademia, la Provincia e il Comune di Roma vollero però continuare a vegliare sulle sue sorti. Tant’è vero che, ancor oggi, il Consiglio di Amministrazione del Conservatorio di musica “Santa Cecilia” comprende due rappresentanti dell’Accademia, due del Comune e uno della Provincia, peraltro senza che ciò comporti alcun contributo finanziario da parte di questi enti.
L’annessione a un Conservatorio di stato complicò ulteriormente lo status, già complesso, della Biblioteca. Infatti essendo pubblica e scolastica insieme, essa si trovava ad avere una doppia veste giuridica. Per allora, tuttavia, le due funzioni non risultarono in contraddizione, giacché le leggi vigenti consentivano che le biblioteche dei Conservatori fossero aperte al pubblico e dotate di personale proprio. Solo con l’entrata in vigore della sciagurata legge n. 262, del 2 marzo 1963, le due funzioni iniziarono a ostacolarsi a vicenda, giacché tale legge provvide all’ordinamento amministrativo e didattico dei Conservatori di musica dimenticandone le biblioteche. Cominciò allora l’ultratrentennale calvario che ha portato gradatamente alla chiusura al pubblico di biblioteche di fondamentale importanza musicologica come quelle dei Conservatori di Napoli e di Firenze, ancor oggi inaccessibili agli studiosi. Solo il senso di responsabilità di bibliotecari come Guglielmo Barblan ed Emilia Zanetti ha impedito che nei Conservatori di Milano e di Roma accadesse la stessa cosa. Così come cercano d’impedirlo tuttora, pur tra mille difficoltà, i loro successori.